Della corporeità: teatro, fragilità, creazione
presso il DAMSLAB
Questa giornata di studi – realizzata in collaborazione con ERT / Emilia Romagna Teatro nell’ambito del progetto speciale Verso una comunità danzante. Indagine tra teatro e fragilità e sostenuta dalla Fondazione Carisbo – intende esplorare i processi creativi nell’ambito delle arti dal vivo alla luce della nozione di fragilità, così da indagare il corpo e le sue peculiari forme d’espressione. D’altronde le tecniche corporee elaborate nel corso del Novecento – dal Feldenkrais alla tecnica Alexander, passando per il Rolfing o le altre esperienze somatiche – sono pratiche che eccedono la cornice dell’arte, per mostrare la radicalità del loro impatto metapolitico nell’offrire agli esseri umani, proprio a partire dalla specificità delle loro condizioni psicofisiche, gli strumenti per esplorare le proprie potenzialità creative, oltre ogni imposizione di una “norma”. È qui che i processi artistici permettono di inquadrare in modo nuovo il tema e introdurre così una seconda nozione, quella di “cura” intesa come arte di vivere, un vero e proprio esercizio spirituale attraverso il quale esprimere il proprio potenziale di vita, prima ed oltre ogni stereotipo socio-culturale. Per plasmare la nostra esistenza dobbiamo dunque prenderci cura di noi stessi, degli altri e del mondo circostante. La “cura”, dunque, intesa come pratica quotidiana, come nuovo stile di vita da porre al centro dell’esperienza umana e, in quanto tale, artistica. È qui che la tecnica – quella scenica in senso stretto – diviene un modo per interrogare il proprio stare nel mondo, esprimendo in movimento il proprio mondo interiore.
Enrico Pitozzi
PROGRAMMA:
- 10 – 10.30 Introduzione
Enrico Pitozzi (Università di Bologna) - 10.30 – 11.30
Fare corpo
Erin Manning (Concordia University – Montréal)
Da “tendere verso” a “fare corpo”, le pratiche della scrittura mettono in luce la curiosità di sperimentare il movimento al di là dello spostamento. Questa pratica consente dunque di far emergere alcuni concetti determinanti per praticare e pensare il corpo, tra i quali: tatto, relazione, “più di”, allontanamento, neuro-diversità e bianchezza.
- 11.30 – 12.30
Carne del teatro, carne del mondo. Il “corpo aperto” nel teatro di Jan Fabre
Luk Van Den Dries (University of Antwerp)
Il corpo è il cavallo di battaglia di Jan Fabre. Lo guarda con il fascino di un bambino, lo sventra con la precisione di un chirurgo che ripiega la pelle per raggiungere gli organi. Trapianta in questo corpo aperto: il fegato di un maiale, la coda di una scimmia, l’ala di un angelo, il radar di un pipistrello, il pungiglione di una vespa. Il corpo aperto è aperto a tutto. Nelle sue mani, il corpo diventa una macchina, un insetto, un oggetto, un guerriero. Ogni forma è temporanea, per rinascere come una fenice in un’altra forma.
Per ottenere questo “corpo aperto” Fabre ha sviluppato nel corso della sua carriera esercizi specifici per preparare il performer al palcoscenico. Attraverso una pratica di ripetizione quotidiana, il performer impara a scomparire sul palco, a diventare nuova materia, a emergere in una moltitudine di farfalle, a uscire dal proprio corpo, a diventare un mostro o pura grazia. “I guerrieri della bellezza – dice Jan Fabre – superano i loro limiti e raggiungono un altro stato dell’essere. Il guerriero della bellezza genera e difende il fragile, l’indefinibile, l’insensato”. Aprire la pelle del teatro significa, ovviamente, anche e soprattutto toccare il pubblico e portarlo in un nuovo mondo immaginario. In definitiva, l’intenzione di Fabre è quella di invitare il pubblico a un’esperienza somatica
- 12.30 – 13.15
Il gesto appeso. Su danza e sonno.
Stefano Tomassini (IUAV Università di Venezia)
L’intervento indaga la presenza di una gestualità ferma, perché appesa al sonno, di figure dormienti nei più recenti lavori coreografici di Maria Hassabi (Here, 2022), Boris Charmatz (Somnole, 2021), Cristina Kristal Rizzo (Ultras. The sleeping dances, 2019; Sonno, 2021; il tripartito progetto Monumentum The Second Sleep 2022-2023) e Virgilio Sieni (Sleep in the car, 2024). L’atto di «lasciarsi volontariamente cascare nel sonno» è una scelta di (resistenza al) movimento informata di una precisa tecnica posturale, ma riluttante a un immediato tornaconto di leggibilità. È una scelta che rigetta l’esibizione di una competenza e di uno specialismo, e consente nuove riflessioni che coinvolgono il senso dell’azione al di fuori della temporalità lineare: il ritorno del passato come memoria spettrale, la «morte dell’essere, dell’uomo produttivo» (Malevič); una vera e propria rinuncia all’onniscienza, all’onnipresenza e all’onnipotenza (rinuncia a Dio?).
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13.15 – 15 pausa
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- 15 – 16
Il corpo, grado zero del mondo. L’emersione dell’interiorità
Bernard Andrieu (Institut des sceinces du Sport-Santé de Paris)
A partire da un’indagine percettiva e neurofisiologica del corpo umano, questo contributo intende esplorare il processo attivo della sensorialità nella composizione dei gesti e dei nostri comportamenti, avanzando la proposta di un’attivazione inconscia che fluisce attraverso il corpo e alla quale non possiamo opporre resistenza.
Essa dà così forma alla dimensione creativa del corpo, nelle diverse modalità della spontaneità, del godimento, dell’estasi e dell’ebbrezza. Questa sensazione di perdita di controllo ci fa percepire un movimento involontario e incontrollato che le arti dal vivo compongono e ci mostrano.
- 16 – 16.45
Drammaturgia come alleanza: dentro la trilogia “Frammenti di infinito” di Aristide Rontini.
Gaia Clotilde Chernetich (Dramaturg)
L’intervento ripercorre le tappe principali della collaborazione con il coreografo e danzatore Aristide Rontini, fin dal primo incontro in occasione di un workshop organizzato in seno al progetto europeo Europe Beyond Access, per giungere alle produzioni attualmente in corso, in Italia e all’estero. Verranno qui presentati gli sviluppi della collaborazione, mettendone in luce le traiettorie specifiche e l’impatto sui rispettivi percorsi artistici, elementi che alimentano una profonda alleanza e un progetto in fieri di “recherche-création”.
- 16.45 – 17.30
Politiche del corpo scenico
Caterina Piccione (Università di Bologna)
Come è noto, il termine italiano “teatro” ricalca precisamente il greco θέατρον, che deriva dal verbo θεάομαι, ossia vedere. Ciò significa che a teatro, innanzitutto, qualcuno vede e qualcuno è visto. Sono le direzioni dello sguardo a definire lo spazio teatrale in maniera costitutiva, delineando l’emergenza di un soggetto nel momento preciso in cui esso si concede agli occhi altrui, alla maniera di un panopticon rovesciato. E di più: nella dialettica tra visione ed esposizione, ciò che viene offerto allo sguardo, prima ancora che un soggetto, è un corpo. Ecco allora, al principio dell’identità, celarsi una politica dello sguardo dove il corpo è oggetto vivo e presente, con le sue fragilità e le sue vulnerabilità, con la sua sensibilità aperta e il suo intimo bisogno di alterità.
- 17.30 – 18 intervento di chiusura
Pensieri fragili, a fior di pelle
Enrico Pitozzi (Università di Bologna)
C’è nella bellezza una striatura che non ha nome, perché s’inscrive tra le cose e sosta al margine, nell’indifferenza; dimora nell’invisibile e per nessuna ragione al mondo anela a farsi visibile. Si accontenta di apparire soltanto, per coloro che la sanno cogliere. Si apparta – tiene la distanza perché conosce la qualità dell’imperfezione, della dismisura e dell’asimmetria. È una screziatura che emerge appena – finanche, per alcuni, è “sottotono” – tuttavia testimonia silente l’incrinatura di luce che sta nelle cose che abbiamo sotto gli occhi e che non siamo più in grado di riconoscere: la bellezza è fragile.
Quando: venerdì 13 dicembre, dalle 10 alle 13 / dalle 15 alle 18
Info:
Ingresso gratuito
nell’Ambito del Progetto Teatro e Fragilità – Verso una comunità danzante
con il contributo di Fondazione Carisbo