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Potere e godimento della vocalità | Lectio magistralis di Adriana Cavarero

Potere e godimento della vocalità | Lectio magistralis di Adriana Cavarero

Venerdì 22 novembre alle ore 19 l’appuntamento è con Adriana Cavarero che terrà la Lectio magistralis Potere e godimento della vocalità.

Nella tradizione filosofica, la tendenza a celebrare la capacità umana di parola, la centralità del linguaggio per lo zoon logon echon, si accompagna regolarmente a un’esaltazione della sola componente semantica – ossia della funzione di significare della parola, di comunicare contenuti – a discapito del ruolo della voce, ridotta a una mera componente strumentale, secondaria. In tal senso l’intera la storia della filosofia può essere definita come la storia della devocalizzazione del logos. Ma davvero nel parlare, nel comunicare, la voce è mero strumento? Davvero la voce non comunica? E, se comunica, che cosa comunica?

Comunica innanzitutto la singolarità incarnata di ogni voce, diversa da ogni altra voce. Certo, comunica anche stati d’animo, sentimenti, desideri, passioni. Ma, sul piano ontologico, ha il potere di comunicare immediatamente la condizione umana stessa come una condizione di esseri unici e perciò plurali. Esseri corporei, forse simili, ma mai vocalmente identici, uguali.

Mentre infatti la sfera dei significati aspira all’universalità, come testimonia la teoria platonica delle idee, la sfera vocale è invece sempre una sfera materiale di corpi singolari. Occorrono polmoni, una gola e una laringe, occorre un corpo vivo per rivelare vocalmente questa singolarità. Così come occorre l’orecchio di qualcuno per accogliere questa rivelazione, ben prima e anche al di là delle parole dette e dei significati eventualmente trasmessi.  La voce è vibrazione di un corpo sonoro, sonorizzazione di un’unicità incarnata che comunica se stessa a un’altra unicità incarnata. Ovvero, è materialmente relazionale e ha il potere di comunicare proprio questo essere-in-relazione degli umani in quanto animali capaci di parola.

Niente rivela meglio tale originaria relazionalità sonora che il canto e soprattutto il canto corale. Nella performance polifonica, i cantanti sentono la voce dell’altro e modulano la propria vocalizzazione per ottenere una relazione sia uditiva che vocale. Si tratta di una relazionalità fatta di vicinanza corporea, portata uditiva, emissioni vocali coordinate.

Si tratta cioè di una relazionalità fatta di nodi sonori fisici e dipendente da essi, una rete vocale-uditiva che, materializzandosi nello spazio, esalta l’unicità e la pluralità corporea. Il piacere di emettere suoni da una gola di carne va di pari passo con il piacere di essere una pluralità vocale incarnata che si compone di voci uniche. In tal senso la sfera vocale è anche la sfera del godimento dell’emissione sonora. C’è un piacere nella parola, profferita o cantata, che ci attraversa anche al di là della parola e a prescindere dalla dimensione semantica del detto.


Info:
ingresso libero, consigliata la prenotazione cliccando QUI

parte del ciclo Ecosistemi della complessità – PAROLA
a cura di Enrico Pitozzi, coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Discipline della musica e del teatro dell’Università Alma Mater di Bologna